martedì 1 febbraio 2011

una prima decina: 6 Febbraio 2001 - 6 Febbraio 2011

A

vevo poco più di otto anni.
E' quello il momento in cui iniziai a disegnare case. Ma non come facevano tutti i bambini: tetto triangolare, porta, finestra, camino fumante e colline sullo sfondo. No. Ridisegnavo le piante di progetti esecutivi che trovavo in casa. Le arredavo, ne ricavavo le sezioni, i prospetti e mi accanivo a capirne i gesti grafici, i loro significati, le rappresentazioni ed i concetti.
E ricordo ancora, che già a quell'età mi facevo comprare da mio padre riviste di arredamento, e che spendevo la mia paghetta settimanale a comprare libri di architettura (il primo fu una monografia su Le Corbusier!...la conservo ancora!).
Credo sia stato quello il periodo nel quale ebbe inizio un grande e lungo amore che ancora oggi, indomito e fiero, riempe il mio cuore tutti i giorni: l'amore per l'architettura.
Non so dire come sia nato. Penso sia sempre stato lì, latente nella mia anima, e che poi di colpo sia sbocciato, delirante e avvolgente, passionale e coinvolgente, come solo i grandi amori sanno esserlo. E un'altra volta solamente ho provato un sentimento così, e non era per una disciplina artistica!
I sogni sono ciò che rendono un uomo libero. Donano quella fiducia nel futuro che nessun'altra cosa al mondo può darti. Realizzarli non è cosa facile. Ma è possibile. Bisogna sentirli fortemente, lavorare duro per renderli concreti, buttarci lacrime e sangue di appassionata fatica. Ma alla fine possono divenire splendide realtà.
Beh, fatto sta che questo sei Febbraio duemilaundici, segna per me un punto di passaggio fondamentale per la mia carriera: è il decimo anno di esercizio della professione di architetto.
Ho iniziato dieci anni fa a fare "seriamente" l'architetto, dopo aver passato uno splendido periodo di formazione universitaria, in una delle migliori scuole d'architettura d'Europa: il Politecnico di Torino. E quando poi ho dovuto decidere di iniziare, dove farlo e come farlo, non ho avuto tentennamenti e ho scelto di dedicarmi anima e corpo a lavorare nella mia terra natia.
Oggi penso che quella sia stata la scelta più felice che potessi fare, non solo perché faccio ciò che mi piace e come piace a me, ma perché riesco a farlo nel luogo per me più bello del mondo: casa mia!
Dieci anni sono tanti, ma pochi al tempo stesso. Sono semplicemente un punto di ripartenza, un luogo del tempo dove trovare per un momento un interstizio di riflessione, fatto di bilanci e di nuovi magnifici progetti, senza mai cercare una tregua, senza mai cedere per un solo istante alle inevitabili tensioni della vita, sempre e costantemente entusiasta di alzarmi ogni mattina e sapere che sto andando a fare un lavoro che mi rende me stesso, disteso e vorace di crescere giorno per giorno come uomo e come professionista.
Ecco, quel bambino di otto anni, che disegnava case per gioco, oggi un suo piccolo sogno lo ha realizzato: è diventato quello che voleva essere, un sarto dello spazio, un umile artigiano dedito alla ricerca del buono, del bello e della felicità fatta di pietre, cemento e ferro.
Se sono arrivato a realizzare questo primo traguardo è ovvio che lo devo non solo a me stesso ma anche a tutte quelle persone che hanno creduto e sostenuto questa mia magnifica avventura, e in primis, a mio padre, il mio primo grande fan, il mio primo grande maestro di vita. E poi a tanti altri.
Al bellissimo e struggente ricordo di mia madre che ha costantemente guidato da lassù ogni mio pensiero, ogni mia azione, ogni mio sussulto dell'anima.
Al mio fantastico e geniale nonno che mi ha insegnato a plasmare la materia.
A quella persona che tanto ho amato e che silente, ma presente, ha assecondato ogni mio impeto irruento.
A tutti quelli che iniziano ad amarmi ora e che non riesco ad amare per come meriterebbero.
A quelli che mi hanno odiato e che mi odiano, e a quelli che mi reputano una persona arrogante e presuntuosa.
A quei clienti che sono diventati grandi amici, e a quegli altri che non vorrei mai più incontrare nel mio cammino.
A quelle splendide maestranze che hanno reso possibile la creazione di ogni mio vezzo costruttivo, che con pazienza e innata devozione hanno saputo interpretare e rendere reali disegni fugaci fatti sui muri di una casa in costruzione o su di un cartone rubato all'immondizia.
A tutti voi è dedicata questa prima decina, che nel bene e nel male, mi avete aiutato a diventare quello che sono: un uomo felice di fare il suo lavoro.

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