venerdì 1 maggio 2009

sapienza imprenditoriale e culturale

Mi piace riportare un articolo pubblicato su “la Repubblica” di Martedì 28 Aprile, a firma di Paola Jadeluca, che racconta la rinascita di un borgo abruzzese, Santo Stefano di Sessanio, che attraverso una sapiente operazione di marketing territoriale e di restauro architettonico, condotta prevalentemente con capitali privati, si è reso possibile ridare vitaliltà ad un luogo oramai abbandonato, facendolo diventare albergo diffuso, visitato ogni anno da migliaia di turisti. Un bell’esempio di sapienza imprenditoriale e culturale, dalla quale imparare tanto.

Il borgo sostenibile, resiste al terremoto e fa business

PAOLA JADELUCA

«Non è un soltanto un progetto estetico a puri fini filantropici o etici, è un modello di sviluppo che crea remunerazione e ritorni economici da tutti i punti di vista. Un modello replicabile che ora stiamo applicando ad altri borghi abruzzesi completamente abbandonati». Daniele Kihlger, italosvedese, è l’artefice della rinascita di quella parte di Santo Stefano di Sessanio, il borgo abruzzese ritenuto tra i 100 più belli del mondo, che ha resistito al terremoto de L’Aquila. Un miracolo, è stato definito. Ma non si tratta di un miracolo. «E’ un esempio di normalità, non di eccellenza», ha spiegato Lelio Oriano Di Zio, architetto, partner di Kihlger che ha contribuito al restauro di quella parte di paese ancora integra, ricostruita con materiali antichi e competenze moderne, solai di legno e rispetto delle murature. Tutto il resto ha ceduto, compresa la Torre Medicea (nella foto), ristrutturata negli anni 6070 a colpi di cemento.
Daniele Elow Kihlgren, 40 anni, è un immobiliarista controcorrente. Invece di costruire villette a schiera, compra i borghi abbandonati, li restaura ripristinando architettura e arredi originari e li trasforma in alberghi diffusi. E ci fa i soldi. Il primo borgo che ha rilanciato è stato proprio Santo Stefano di Sessanio, a
1250 metri d’altezza, sotto il Gran Sasso. Ci era arrivato una decina di anni fa da Milano, dove è nato e ha sempre vissuto. L’ha scoperto girellando in motocicletta. E qui si è fermato. Non c’erano alberghi, le case erano diroccate, rimanevano 70 abitanti contro i 3000 di un tempo. In cinque anni una rivoluzione: la quotazione dei ruderi è aumentata di 20 volte, non si trova più un appartamento libero. Quelli che rimanevano li hanno comprati inglesi, belgi e francesi. Sono sorti oltre una decina di bed&breakfast, contro l’unico preesistente. I turisti, anche stranieri, arrivano pure d’inverno, le presenze sono schizzate a 7.300 l’anno. L’occupazione ha ricominciato a crescere, e tutto il territorio si è rimesso in moto. Con la sua società, Sextantio, e il supporto dello studio di architettura Di ZioDi Clemente, un architetto locale, ha acquisito edifici per 3.500 metri quadrati, tutti destinati all’albergo diffuso. Il borgo è ritornato come era un tempo. Ma Internet e connessioni wifi convivono invisibili con le antiche strutture.
Sotto l’ala protettrice di Fondazione Symbola, guidata da Ermete Realacci e Fabio Renzi, che promuove lo sviluppo della cosiddetta soft economy, Sextantio è una degli emblemi della Campionaria delle qualità italiane, la manifestazione promossa da Symbola insieme a Fiera Milano, che si tiene dal 7 al 10 maggio: una foto di gruppo delle eccellenze imprenditoriali del made in Italy. Appuntamento annuale che vuole diffondere un sistema economico che esprime valori unici.
Messe insieme tutte queste realtà realizzano quasi la metà del Pil. Il 44,3% del prodotto interno lordo è Piq, prodotto interno di qualità. La metà della ricchezza del nostro paese si deve a prodotti e servizi di pregio e di alto profilo. Non è una valutazione a spanne, la proiezione di parametri ideali che misurano beni intangibili. Il Piq è il nuovo indicatore messo a punto ormai da due anni proprio da Symbola: uno strumento di misura scientifica, attraverso la valutazione e l’incrocio di diverse variabili, quali l’innovazione, la ricerca, la creatività e i saperi territoriali, tutti distintivi della soft economy, economia cosiddetta leggera, basata su una serie di parametri che la società moderna considera indispensabili: il rispetto dell’ambiente, l’approccio eticamente compatibile, l’esaltazione dei patrimoni locali, la valorizzazione del patrimonio di conoscenza e competenza delle risorse umane. La vera new economy, voce sotto la quale si ritrovano aziende hitech, come Technogym e vitivinicole, come Arnaldo Caprai e Donnafugata, alberghi diffusi, a quelle di riscaldamento e condizionamento. Ci sono voluti anni per affermare come capisaldi delle organizzazioni moderne il rispetto dell’ambiente e della compagine sociale e intellettuale. Ora, finalmente, questi valori un tempo considerati a livello puramente teorico, compongono un paniere. Uno strumento quantitativo a tutti gli effetti, calcolabile in termini monetari e per questo comparabile con gli aggregati settoriali e di spesa pubblica.
«L’unicità contro
la serialità. Anche nel turismo è questa l’arma vincente del made in Italy», ha scritto il Financial Times parlando di Kihlger e del suo modello di sviluppo economico che si basa sul principio esattamente opposto a quello corrente: ricostituire l’originario rapporto tra il borgo e il paesaggio agrario circostante. «Sviluppo senza costruire», incalza The Times, che ha dedicato una pagina alla sua storia. Il risultato: un patrimonio unico, non interscambiabile, il cui valore, come un monumento, acquisisce con il tempo livelli incalcolabili.
Kihlger ha messo in moto un business che di solo turismo sviluppa 850 mila euro, il 30% di tutta l’attività che per il resto è immobiliare. Ora vuole esportare il suo sistema in altri sei borghi dell’Appennino dove si vedranno le potenzialità di sviluppo di questo modello applicato su larga scala. Pensare che era arrivato a Pescara per lavorare al cementificio di cui i nonni detenevano una quota. Il cementificio è stato ceduto. Ora pagherebbe per buttare giù gli edifici in cemento che deturpano il paesaggio.

www.sextantio.it

www.santostefanodisessanio.it

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