giovedì 23 aprile 2020

ABITARE LA PANDEMIA #4/4


LA RESPONSABILITÀ DELLA SOLITUDINE.

- [ ] COMPROVATE ESIGENZE LAVORATIVE
- [ ] ASSOLUTA URGENZA
- [ ] SITUAZIONE DI NECESSITÀ
- [ ] MOTIVI DI SALUTE

Barra il motivo del tuo spostamento…
…in questi 46 giorni siamo dovuti diventare anche questo: una giustificazione ai nostri comportamenti; un’assunzione di responsabilità al nostro distanziamento sociale, alla nostra solitudine.
Questo è il quarto scritto di “Abitare la pandemia”, l’ultimo. Simbolicamente, quattro, è stato sempre un numero importante nella mia vita, ed oggi è evocativo di questo concetto che porta il suo nome, quarantena, di questa strana forma di vita che abbiamo avuto il privilegio (o la sfortuna, fate voi) di provare.
Eppure, (ora dirò una cosa forse impopolare!), questa alterata condizione vitale a me mancherà.
Mancherà quel tempo per l’io che si è palesato in tutta la sua irruenza; quel tempo introspettivo, quello fermo, senza pretese, senza ansie ed angosce.
Mancheranno le città ed i borghi presi d’assalto dal vuoto, dagli animali, dalla vegetazione, dall’aria pulita e dalla mancanza di rumore.
Mancherà il profumo della carta dei libri, quel profumo che toelettava le giornate, desiderato, sospirato, come quando si aspetta un’amata sotto casa.
Ed allora torneremo ad abitare la norma, la distopia, abbandonando lo straordinario di questi mesi, l’inaspettato, il pericolo, la morte, l’utopia di un futuro migliore.
Forse torneremo ad essere banalmente ordinari, senza più riflessioni profonde, senza più quel barlume di senso di comunità che ci ha visti per un momento nell’olismo naturale, ed ovvio, (ma non tanto scontato), delle cose.
Torneremo ad essere soli. Soli in mezzo agli altri, con una responsabilità nuova, tutta nostra, individuale. La responsabilità di trovare nuove strade, nuove prassi, nuove idee per uscire dal turbamento di questa vicenda.
La responsabilità di questa solitudine che ci aspetta non sarà più un foglio di carta sul quale segnare e giustificare all’autorità cosa stiamo facendo e per quale motivo imprescindibile lo facciamo. La responsabilità sarà quella di diventare tutti un po’ pensatori del prossimo futuro, e meno faccendieri, dando un senso creativo alle attività nuove che ci aspettano, all’economia delle cose, all’ecologia del nostro vivere: una necessità arborea, naturale e vegetale, più sostenibile e fatta di meno prove muscolari, di più mediazione e di più senso femminile.
Sì, di senso femminile.
La virulenza delle ultime settimane ci ha mostrato come il corpo delle donne sia più resistente di quello degli uomini, e di come l’amministrazione della crisi da parte delle donne abbia avuto più efficacia, in tante nazione da esse governate, rispetto a quella gestita da maschi.
Forse è il caso di iniziare da qui: dal corpo delle femmine, da una visione meno mascolina e più accorta, che porti a ripensare la conduzione del globo come ad una conduzione più domestica, fatta di piccoli, ma continui, gesti d’amore per sé e per gli altri.
Impariamo dalla contrazione del tempo e dello spazio che il virus ci ha imposto.
Iniziamo.
Buon inizio.

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