domenica 1 maggio 2011

design interiore


D

all'ultimo Salone del Mobile di Milano le solite cronache.
Fiera inutile. Fuori salone fantastico.
Conferme forse troppo scontate per gli addetti ai lavori, ma meritevoli di una riflessione, per i non addetti, sulla piega che il design, italico soprattutto, sta prendendo in questi ultimi anni.
Nei padiglioni del quartiere fieristico si assiste ad una scena oramai classica di questi tempi: l'ostensione di un design estremamente borghese, concentrato in due o tre aree del tracciato espositivo e riferibile a quella decina di marchi cult della scena mondiale, rappresentante ovviamente del made in italy puro. E già! Il made in italy vincente, in Italia e nel mondo, è quello dei mobili bianchi grigi e neri, delle pelli profumatissime, dei legnami sfiammati e dei tessuti morbidi e delicati: il design fatto per chi c'ha i soldi! Violento a dirsi ma è così. La democrazia nell'arredo sembra non apparire, e si percepisce, visitando gli stand, che è alquanto classista, soprattutto oggi che il paese è attraversato da una profonda crisi economica (e non solo!). Il prodotto design presente in fiera sceglie di puntare su chi può spendere tanto, e non sui tanti che possono spendere poco.
Poi, lasciati i padiglioni di Rho, e diretto verso Brera e poi Tortona, ti accorgi che forse l'impressione che hai avuto in fiera è solo un magnifico spot pubblicitario da rivista patinata. Negli spazi del fuori salone, senti l'anima pulsante del design fatto dal basso, del design pensato dalla gente per la gente, di quel senso democratico e paritario che un prodotto industriale deve avere. Vedi giovani creativi promettenti che ancora pensano al mobile o all'accessorio come prosecuzione dell'anima, come sviluppo di un prodotto "facile" e poco costoso.
E' al fuori salone che scopri il design interiore, poco effimero, molto concreto.

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